E’ una patologia ereditaria che si manifesta già alla nascita o nei primi giorni di vita con delle lesioni bollose a contenuto sieroso (trasparente) o emorragico (rosso) diffuse sul corpo, sul volto e talvolta a livello delle mucose del cavo orale, e/o con vaste aree erose, senza epidermide (disepitelizzate). Ci dice la dottoressa May El Hachem, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
“In alcuni casi si osserva la distrofia di alcune o di tutte le unghie (alterazione della struttura e della morfologia delle unghie)”
Ma, è possibile attenuare gli effetti della malattia nel corso della crescita?
“In tutte le forme di epidermolisi bollosa (EB) la comparsa di bolle si riduce spontaneamente con la crescita limitandosi maggiormente alle zone soggette a trauma. Le complicanze, invece, in alcune forme aumentano con l’età. Infatti, gli esiti cicatriziali a livello delle mani e dell’esofago e il rischio di comparsa di tumori cutanei è maggiore nei pazienti più grandi”.
I genitori dei ‘bambini farfalla’ devono, inoltre, essere particolarmente attenti.
“Visto che le bolle si formano spontaneamente bisogna fare in modo di evitare o ridurre al minimo i microtraumi, magari proteggendo le zone sottoposte a possibili lesioni”.
Non vi sono precauzioni specifiche, invece, contro le punture d’insetti escluso quelle di evitare il grattamento onde indurre altre lesioni bollose. Qualora le punture fossero numerose è consigliabile l’uso di pomate steroidee e un antistaminico per via orale. Per quanto riguarda l’esposizione al sole occorre ricordare che il calore provoca la comparsa di bolle e quindi deve essere molto ridotta e limitata alle ore fresche (fino alle 11,00 e dopo le 17,00).
E, per finire, l’alimentazione: il paziente affetto da EB perde attraverso le lesioni cutanee liquidi, proteine etc … ed è estremamente importante mantenere una dieta che integri le perdite quotidiane di questi elementi.
“È anche indispensabile affidarsi a un medico, preferibilmente un dermatologo, che prenda in carico il bambino sottoponendolo periodicamente a dei controlli. Questo perché, nonostante l’EB sia una malattia genetica della pelle, coinvolge numerosi organi e apparati e a volte succede che il paziente o la famiglia si soffermino sul sintomo che li coinvolge maggiormente, trascurando altre situazioni magari più gravi”.
Dice la madre di una piccola “bambina farfalla”:
“È una vita complicata, alla continua ricerca del punto di equilibrio tra le limitazioni che la malattia impone e l’aspirazione a vivere la vita in tutti i suoi aspetti. Mia figlia è diventata un’ottima stratega dell’adattamento: quando decide di misurarsi con una situazione potenzialmente rischiosa, mette in atto tutta una serie di accorgimenti e soluzioni pratiche che le permettono di svolgere ugualmente l’attività che la interessa ma secondo una modalità di approccio leggera, non traumatica. Dopo un adeguato training al personale educativo svolto di regola dai genitori, in età prescolare questi bimbi frequentano asili con un ristretto numero di coetanei per classe, per limitare il rischio di piccoli incidenti che avrebbero conseguenze ben più pesanti per un “bambino farfalla”. Per garantirle una vita normale abbiamo adottato alcuni accorgimenti cambiandoli in funzione dell’età. Un bambino molto piccolo vive in un mondo “morbido” e senza spigoli, giocattoli compresi. In alcuni casi, dalla scuola primaria fino al liceo, un assistente lo favorisce in alcune azioni (portare lo zaino, riporre i libri, dare supporto durante le gite scolastiche) e, spesso, il computer prende il posto della penna. Per quanto riguarda lo sport e le attività ricreative si seguono le inclinazioni individuali: dal nuoto alla carabina, dal piano al flauto e alla pittura. Una parte della giornata passa, invece, tra creme, pomate antibiotiche, disinfettanti, garze e bende e almeno tre volte alla settimana con un fisioterapista. Per check-up approfonditi e interventi chirurgici, diventa necessario il ricovero ospedaliero”.
Oggi, però, esiste una ragione di più per combattere. Infatti, nel 2006 il team di ricercatori dell’Università di Modena guidato dal professor Michele De Luca ha messo a punto, con successo, il primo trapianto al mondo di pelle geneticamente corretta su un paziente affetto da EB Giunzionale, una delle forme in cui si declina la malattia. La speranza che la terapia, nel volgere di alcuni anni, si estenda a tutti gli altri tipi, soprattutto ai più gravi, è dunque concreta.